lunedì 11 agosto 2008

Giocando con il fuoco

Beh, decisamente il dio del fuoco ce l'ha con me.
Ho passato la mattinata in ospedale, a riprendermi dalle ustioni. Già, perché la cucina mi è quasi esplosa in faccia mentre scaldavo il tè per la colazione.
Ora, io non credo alle coincidenze, però stanotte ho sognato il sagrato di Lourdes e la processione dei flambeaux, le torce che portano il fuoco nella notte. Non sono mai stato particolarmente religioso, ma questo ricorrere del fuoco mi inquieta parecchio.

Ma chi potrebbe avercela con me? Quali forze sovrannaturali?
Vi ho già detto che i racconti che scrivo ultimamente mi vengono fuori in modo strano, come "dettati" nel sonno? E se le stesse forze... No, vabbè, sto divagando.

Facciamo così: se non prendo fuoco stanotte, domani mi concederò una gita in spiaggia, sperando che il bagno in mare possa spegnere questi strani bollori. Il bagno di folla mi spaventa di più, in effetti, ma per una volta mi adeguerò.

sabato 9 agosto 2008

Come on, baby, light my fire!

Qui va tutto a fuoco!
Non bastava lo sbalzo di tensione dell'altro giorno, ieri mi si è incendiato un albero in giardino, oggi ha preso fuoco la stanza dove tengo tutte le mie bozze...
Non è che qualcuno (Dio, il Fato, o qualcuno più influente) ce l'ha con me?!

lunedì 4 agosto 2008

La tecnologia ci distruggerà tutti

Ne siamo schiavi, convinti di possederla. Pensiamo che la nostra vita sia resa migliore dalla tecnologia, e invece essa ci risucchia via ciò che rimane della nostra anima già corrotta dai tempi e dalle ferite ricevute.

Questa notte una scarica elettrica mi ha fuso televisione e frigorifero.
Della prima non mi interessa granché, non la accendevo da giorni; il frigo era comunque vecchio, ma mi toccherà uscire e affrontare il caldo per comprarne uno nuovo... e inoltre dovrò cucinare tutta la carne e la verdura che avevo surgelato.
Per fortuna il portatile con tutti i miei racconti era disconnesso.
A volte basta uno sbalzo di tensione, e perdiamo un pezzo di passato, così.
Un passato di cui non siamo più padroni, ma di cui fortunatamente non siamo più nemmeno responsabili.

giovedì 31 luglio 2008

Terra Bagnata

Vicenza, 1985

Sul marciapiede del binario sei, Francesco Terranova si girò con cautela. Gocce di pioggia taglienti come rasoi gli avevano chiuso la strada verso il treno in procinto di partire. La carrozza che aveva davanti era semideserta; gli unici due passeggeri a bordo stavano sbuffando dietro un enorme baule con patetiche rotelle decorative.
Il nemico sorse dal sottopassaggio con lentezza studiata; salì sul marciapiede e puntò un dito su Francesco, come se lo avesse incontrato per caso. Dal dito scaturì un flusso d’acqua che il Terranova schivò ruotando il busto di scatto. La camicia si lacerò là dove l’acqua l’aveva colpita. Allora puntò il dito anche lui e la sua energia magica si condensò in uno sbuffo di pietre affilate che costrinsero il suo avversario a buttarsi a terra, al riparo degli scalini.
Il rombo di un tuono echeggiò per la stazione, quindi una fitta pioggia convinse anche i più coraggiosi a cercare un riparo dal fortunale. I finestrini del treno brulicarono di formiche d’acqua; quel duello non era uno spettacolo per gli esseri umani.
Francesco era fradicio; i vestiti aderenti alla pelle gli ostacolavano i movimenti. Ebbe la sensazione che il nemico stesse sogghignando.
Il suo avversario si rialzò e allargò le braccia. La pioggia smise di cadere attorno al Terranova; in compenso l’acqua si condensò nella forma di un terribile paio di mandibole costellate di zanne affilate. Le braccia si chiusero di scatto e così fecero le fauci attorno a Francesco: un’esplosione di milioni di gocce e vapor acqueo.
Il sogghigno dell’assassino si tramutò in una risata gutturale, quindi si spense in un lamento di frustrazione quando si accorse che la presunta vittima era ancora in piedi.
Resosi conto del pericolo, Francesco aveva solidificato intorno a sé un’armatura di sabbia ricavata dalla massicciata sotto i binari: un Terranova astuto sceglie bene il terreno dello scontro.
L’armatura lo aveva protetto dall’impatto e ora la sabbia aveva intrappolato l’acqua tramutandosi in fango. Una marea scura sotto il suo controllo.
Francesco scagliò la poltiglia come un maglio al plesso solare del nemico. L’assassino cadde con un grugnito di sorpresa e fu trascinato nel sottopassaggio dalla piena di melma.
Le porte si chiusero e il treno cominciò a muoversi. Francesco si affrettò a riaprirne una e salì a bordo. Gocciolò per un po’ appoggiato a un sostegno, poi entrò nello scompartimento, si scelse un sedile appartato e respirò, sempre più lentamente. Aveva seminato il nemico, ma per quanto? E soprattutto: fin dove si sarebbe spinto per recuperare l’artefatto che aveva con sé?


Vicenza, 1985

On the sidewalk of track six, Francesco Terranova turned back with caution. Drops of rain sharp as razors had blocked the way to the train, which was about to leave.
The carriage in front of him was almost empty, the only two passengers on board were panting behind a huge trunk with pathetic, decorative wheels.
The enemy came up from the underpass, with a deliberately slowly step; he reached the sidewalk and pointed a finger at Francesco as if it was a chance encounter. From his finger sprang a stream of water that (removed the)Terranova avoided rapidly turning his chest. His shirt was torn where the water had hit.
Then he pointed his finger too, and his magical energy produced a flux of sharp stones that forced his opponent to plunge to the ground, behind the protection of the stairs.
The roar of thunder echoed into the station, and then a dense rain convinced even the most courageous to seek a shelter from the storm. The windows of the train were full of ants made out of water; the duel that was no longer a show for humans.
Francesco was completely wet; his clothes, almost pasted to the skin, were hindering his movements. He had the feeling that the enemy was laughing.
His opponent rose again, and broadened his arms. The rain stopped falling around Terranova, but the water condensed in the form of a couple of terrible mandibles full of sharp tusks. The enemy’s arms suddenly closed, and so did his mouth over Francesco: an explosion of millions of raindrops and water vapor.
The killer’s smile turned into a guttural laugh, and then died in a cry of frustration when he realized that the alleged victim was still standing.
Having noticed danger, Francesco had solidified around him a sand armour, obtained from the small stones under the tracks: a smart Terranova is good in choosing the battlefield.
The armor protected him from the hit, and now the sand had trapped water becoming mud. A dark tide under his control.
Francesco threw the mush as a hammer toward the solar plexus of the enemy. The murderer fell with a grunt of surprise, and was dragged into the underpass full of mud.
The doors closed and the train started moving. Francesco rushed to reopen a door and climbed on board. He dripped for a while, relying on a support, then entered the compartment, chose an available seat and breathed, even more slowly. He had left the enemy behind, but for how long? And above all: how far would he have been able to go, in order to retrieve the artefact he had with him?